mercoledì 17 aprile 2013

Capitolo 5 – 31 dicembre 1999


31 dicembre 1999. Due bicchieri colmi di limoncello appoggiati su un vecchio scanner Agfa, stanza di Marco piena di ricordi di infanzia, adolescenza e giovinezza. Due amici di sempre che si preparano ad affrontare il nuovo millennio ascoltando le canzoni che più hanno amato, bevendo, ballando e cantando. La stanza e la casa di Marco, erano paradossalmente gli unici ambienti domestici che lo riportavano alla sua infanzia, tutte le altre case che aveva abitato nel passato non le frequentava più, un po' per i suoi innumerevoli traslochi un po' perchè preferiva non frequentare alcune persone.

Lo stereo di Marco suonava The Unforgiven dal fantastico Black Album dei Metallica, e i due amici, felici, cercavano di ricordarsi tutte le canzoni più belle che appartenevano al millennio che stava per concludersi. Ascoltarono Metallica, Led Zeppelin, Def Leppard, Queen, Radiohead e tutti gli autori di quel filone rock che amavano e che avrebbero amato per sempre. Erano felici quel giorno i due amici, avevano voglia di ridere, cantavano e ballavano, in compagnia di quella bottiglia di limoncello e di quelle canzoni, pronti ad affrontare la bolgia del capodanno cittadino.

- E la fine del mondo? A che ora ci sarà? - Chiese Bernardo al suo amico.
- Pensi ci sarà? - Rispose Marco.
- Io penso di sì, io sono pronto per affrontarla, e sono curioso... molto curioso.

Fu una grande delusione per Bernardo, la fine del mondo tanto attesa non era arrivata, tutto era come prima, neanche il tanto temuto millenium bug aveva causato le tanto decantate catastrofi informatiche, quindi tutto si prospettava come prima, e Bernardo si trovò spiazzato da tutta quella normalità, non più pronto alla vita di tutti i giorni, lui si immaginava il 2000 in uno scenario post atomico, e invece l'unico fall out che si trovò ad affrontare fu un fall out di luoghi comuni, abitudini e noia.

E dalla grossa delusione dell'anno 2000 Bernardo si trovava da anni a vivere o meglio "sopravvivere" in un mondo che non considerava più suo, da quella data la sua vita fu saldamente ancorata al passato, e ogni anno che correva velocemente, era come se lo osservasse da un vetro sporco, come se la propria vita la vedesse vissuta da un altro, dall'esterno.

A 12 anni Bernardo visse un'esperienza che riusciva a paragonare al suo senso di non appartenenza alla propria vita; la cava di ghiaia abbandonato aveva formato un laghetto in cui si recava a pescare quasi tutti i giorni con un paio di amici, erano giovani pescatori appassionati, leggevano riviste specializzate e cercavano di mettere in pratica tutti gli insegnamenti della carta stampata in quel loro piccolo paradiso, tra persici sole, carassi e qualche carpa. E una giornata di queste fu molto fortunata, presero 13 carassi molto grossi, Bernardo ne prese cinque, Alberto otto, ma non sapevano cosa farci di quel pesce immangiabile ancora vivo e quindi venne loro un'idea, scavarono una grossa buca nel giardino dissestato di Alberto che viveva in una casa prefabbricata, la foderarono con un grosso foglio di cellophane che tennero fermo con dei mattoni di tufo posizinati lungo la circonferenza del laghetto da loro scavato. Poi, dopo aver riempito d'acqua la buca, misero i 13 pesci tutti ancora vivi e rimasero circa un'ora a vederli sguazzare nella loro nuova casa, la buca era sufficientemente larga e profonda da garantire una discreta mobilità ai carassi.  Bernardo si era particolarmente affezionato ad un pesce, un carassio bianco con chiazze arancioni/rosse, lo aveva chiamato Piero, e gli piaceva pensare che fosse il capo, non era il più grosso ma era quello che sapeva muoversi con più disinvoltura, si identificò subito con Piero, e si chiedeva cosa pensava il pesce di quei due strani individui che lo guardavano da fuori l'acqua, si chiedeva se pensava fossero i suoi carcerieri, i suoi salvatori oppure semplicemente due bambini abili nella pesca da ammirare come si ammira un nemico competente e leale. Bernardo guardava il pesce ed era come se guardasse se stesso nel piccolo stagno, pensava di telecomandarlo mentalmente, lo faceva girare a destra, gli faceva aprire la bocca, lo faceva comunicare con gli altri, gli faceva impartire ordini agli altri pesci, lo faceva controllare che tutto fosse in ordine.
Il mattino seguente Alberto telefonò a Bernardo per dirgli che tutti i pesci erano morti, evidentemente per un'insufficiente ossigenazione dell'acqua... li aveva trovati tutti a galla, tutti tranne Piero, Piero non c'era più. Bernardo si sentì male, aveva ucciso tutti quei pesci per uno stupido gioco e si pentì subito di non averli rigettati in acqua appena pescati. Ma Piero che fine aveva fatto? Bernardo era convinto che era in qualche modo riuscito a salvarsi, era riuscito a tornare nel laghetto della cava, era un'idea stupida, molto stupida, ma per star meglio gli piaceva pensare così. 
Tornò a immedesimarsi in Piero, in come era riuscito a salvarsi, in come aveva fatto a tornare nel laghetto, in quello che pensava dei suoi carcerieri, in come avrebbe giustificato la sua assenza alla propria famiglia, in cosa avrebbe raccontato ai suoi amici sulla crudeltà dei bambini.
E tutte le volte che ritornava al lago Bernardo sognava di ripescare Piero, per potergli chiedere scusa, facendosi perdonare con una scatola di vermi tutta per lui.
Bernardo non ripescò più Piero, ma mise in acqua tutti i pesci che riuscì a catturare, slamandoli con precisione chiurgica per non farli soffrire.

Bernardo e Marco, il sella al motorino affrontarono quel caotico capodanno cittadino, consapevoli che non si sarebbero divertiti, consapevoli che il loro capodanno era già terminato.

Bernardo capì subito che da quel giorno la sua vita sarebbe cambiata.

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